Nei giorni scorsi, con una singolare dichiarazione alla stampa, è “riemersa” un’altra delle icone dell’Antimafia, quell’antimafia che non posso fare a meno di definire il “Terzo livello”. Diciamo della società Siciliana.
Dopo gli eventi e, soprattutto, con il silente scorrere del tempo e delle storie, che così fortemente hanno intaccato lo smalto dell’antimafia, facendo presagire la fine di un’epoca, di una fase e, probabilmente, una delle epocali metamorfosi, ognuno ha cominciato a cercare un suo modo, appunto, per “riemergere”.
Crocetta, ha scelto quello della caccia agli operai della forestale, “non a posto” con i “requisiti” di antimafiosità.
Don Ciotti, il prete televisivo, l’uomo al vertice della piramide della gestione dell’Antimafia-Spa, l’”esponente” chiamato, si direbbe, in correità dalla ineffabile Saguto, presidentessa della Sezione Prevenzione come suggeritore dei nominativi degli amministratori dei beni “mafiosi” sequestrati e confiscati, pare abbia scelto per il suo ritorno alla ribalta, un intervento nientemeno che nella vita del Parlamento. Alle voci di un “avvicendamento” di Rosy Bindi alla presidenza dell’Antimafia ha voluto negare il suo “placet”.
L’Antimafia, sembra aver voluto dire il reverendo, anche quella “istituzionale”, è “cosa nostra”. La ineffabile presidentessa, nota per il pasticcio grottesco che riuscì a combinare all’ultimo momento con la contestata dichiarazione di “impresentabilità” di alcuni candidati alle regionali e comunali, è, secondo Don Ciotti, quella che ci vuole a quel posto. Non s’ha da avvicendare, da rimuovere e, magari, nemmeno da “promuovere” col secondo fine di togliersela dai piedi.
Nessuno, che io sappia, ha trovato da ridire sul pretenzioso intervento dell’invadente e irascibile prete. Un privilegio, quello di “sputar sentenze” senza incorrere in critiche di sorta, che talvolta i preti condividono con i magistrati.
Ma Don Ciotti non è un prete qualsiasi. Non è un semplice “Cappellano dell’antimafia”. Si occupa di cose più importanti e concrete. Ed è considerato uomo potente. “In utroque”, si sarebbe detto in altri tempi: nella Chiesa e in quel che resta dello Stato.
Di lui si diceva che era stato il “suggeritore” all’orecchio, attento ma esperto, più che altro di cose e persone di un altro Continente, di Papa Bergoglio, del nome del “prete di strada” elevato all’Arcivescovado di Palermo e così alla prossima distribuzione di “cappelli” cardinalizi.
Proprio allora, forse non a caso, la Saguto tirò fuori che le nomine degli amministratori li faceva su suggerimento, tra l’altro di “Libera”, cioè di Don Ciotti.
Mi direte: ma un fatto di un prete che interviene a metter becco persino nelle cose del Parlamento, che è potente e strapotente nelle Amministrazioni dello Stato, non è mica una novità!
Certo, ci mancherebbe altro. Ma non è solo delle “novità” che possiamo (e dobbiamo) occuparci. Ma, soprattutto, un’attenzione particolare meritano queste forme di “lobbismo” ecclesiastico che, dopo la fine del dogma dell’”unità dei Cattolici” nella politica, sono dilagate e si sono fatte, però, anche più striscianti e caute. E poi c’è il paragone con Lui, con il Papa Francesco che sulle cose dello Stato sa farsi sentire, ma con schiva raffinatezza gesuitica e che con arte, pure gesuitica, ostenta una compunta astensione da tali intromissioni.
Papa Bergoglio ha dato prova di queste sue indiscutibili capacità, levandosi da torno, magari in vista di un giubilo, risultato, poi, piuttosto irrilevante, un grottesco Sindaco di Roma, al quale ha, con le dichiarazioni alla stampa nell’alto dei cieli del viaggio di ritorno dagli U.S.A., dato il fatto suo, come non aveva saputo fare lo Stato Italiano.
Ma Bergoglio, sempre dall’alto dei cieli del viaggio di ritorno, questa volta, dal Messico, ha fatto una dichiarazione storica quanto, (ne pagherò il fio con la dannazione eterna), un pochetto, anzi, notevolmente ipocrita.
Le “unioni civili”, le adozioni da parte delle coppie omosessuali?”. Io non mi impiccio nelle cose dello Stato!”. Ma quella circolare ai Vescovi per notificare che era obbligo dei Parlamentari cattolici votare contro certe leggi? “Ah sì? Ce n’è stata una? Sapete, non me ne ricordo!”.
Un Papa gesuita è un Papa gesuita ed un prete invadente “antimafia”, “operatore sociale” irruento, irascibile e un pochetto (si fa per dire), intollerante, è un prete; per quanto televisivamente noto e per quanto, a quel che si dice, autorevole suggeritore di Sua Santità in affari delicatissimi come la nomina dell’Arcivescovo di Palermo.
Ma una volta erano i preti che si uniformavano alle opinioni ed alle prassi dei Papi. Ora che i Papi “esternano” teorie così rispettose dell’autonomia dello Stato e della libertà di scelte e di coscienza, i preti, in forza di tale libertà, continuano ad impicciarsi, come un volta i Papi, di tutto.
Ci deve essere qualcosa un po’ storto in questo sistema. Ed è inutile sperare in un “chiarimento”, che venga dal Magistero della Chiesa di Roma (o del Nuovo Mondo).
Mauro Mellini