Antimafia "Aliena" in cerca di pretesti
Si ha l’impressione che i personaggi della “Scheggia impazzita” del Partito dei Magistrati ed in particolare quelli dell’Antimafia “estremista” (ma molti sono gli aggettivi che potremmo usare assieme a quello “devozionale”, insuperabile, di Vitiello) con sede sociale e stabilimento principale di produzione a Palermo, stia cercando argomenti nuovi (si fa per dire: la musica è sempre la stessa) per le sue esibizioni.
Oramai il processo “trattativa”, nel quale quella strana congerie di personaggi, con i loro umori, clamori, pretesti e, non dimentichiamolo mai, ottimi affari, ha investito gran parte del suo potere terrestre ed anche extraterrestre, tenuto conto della parte che vi ha il Guru Bongiovanni, ma quell’interminabile sceneggiata giudiziaria, deve pure concludersi. Che possa arrivarsi a delle condanne per il tentativo dei rappresentati dello Stato di subire il ricatto stragista della mafia (ché questo è in sostanza la ragione – si fa per dire – d’essere di quel monumento di sapienza giudiziaria), non è del tutto da escludersi. Ma ha crederlo possibile ci sono solo, forse, gli extraterrestri del Guru. La vicenda dell’Uomo Simbolo di quello sciagurato processo, della pantomima della sua “promozione”, della isterica campagna della sua tifoseria impegnata in un “confronto” con i poteri palesi ed occulti per un “promeatur ud non amoveatur” di Nino Di Matteo è finita nel ridicolo delle proteste per la soluzione più ovvia, che però esclude l’indennità di trasferta. Solo l’incapacità e la codardia della classe politica italiana ha “lasciato correre” una simile commedia senza farne, come avrebbe dovuto, il caso illuminante per una adeguata reazione alle soperchierie del Partito dei Magistrati. Ma il fatto in sé espone quella fazione Palermitana al ridicolo e ne denunzia le debolezze.
Di fronte a tutto ciò non è affatto strano che, o per consiglio degli extraterrestri con i quali è in contatto Bongiovanni, o per quel tanto di ragionevolezza umana dei meri fanatici della brigata, si sia alla ricerca di una qualche “novità” che rappresenti un prudente diversivo.
Si direbbe che lo stanno cercando nel “caso Manca”, il giovane urologo siciliano morto a Roma di overdose.
La congrega dell’Antimafia “aliena” di Palermo è impegnata a sostenere che Manca è stato ucciso perché aveva prestato assistenza al latitante boss mafioso Messina Denaro, accompagnandolo a Marsiglia per sottoporsi ad un’operazione chirurgica e che i “servizi segreti deviati”, la massoneria dal pari deviata e la mafia, avrebbero così voluto far fuori un testimone della loro partecipazione alla congiura sostenitrice della latitanza di quel personaggio.
Non è certo nostra velleità intervenire nella discussione sulla verosimilianza di tale tesi, anche se in essa sono evidenti tutti gli ingredienti delle grandi bufale “dietrologiche” ed anche se francamente ci sembra un po’ strano che la Famiglia del povero Manca si dia tanto da fare (e da far fare al noto avv. Ingroia) per dimostrare che quel poveretto era un manutengolo della mafia.
Ma quel che c’è da dire e da osservare e valutare con attenzione è il solito metodo.
Che Manca sia stato ucciso dai soliti servizi etc. massoneria etc. è per quei signori di Palermo divenuto un dogma. I ripetuti, contrari provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria di Roma e di Viterbo sono “di conseguenza”, coperture dell’omicidio fasulle e sospette. E non bastando gli argomenti per lo più ritriti, c’è oramai la “mobilitazione” degna della tradizione Antimafiosa: una sottoscrizione di centinaia di uomini e donne variamente qualificati (ad esempio: Tizio: “fratello di un poliziotto ucciso in un conflitto a fuoco con la mafia…”). Con in testa, manco a dirlo, Don Ciotti. E gli altri della partita, tutti garanti del fatto che Manca è stato assassinato.
Ci sarebbe molto da scrivere su questo modus operandi. E ci sarebbe, intanto, molto da fare, da dire, da chiedere da parte dei nostri ineffabili Parlamentari. Che troppo poco (quando dovrebbero) parlano e spessissimo non ascoltano. Ma questo merita un discorso a parte.
Mauro Mellini
18.04.2017