Busta paga: perché è importante non trascurare il documento e come leggerlo senza rischiare di fraintenderne i contenuti.
In Italia, ogni mese le lavoratrici ed i lavoratori dipendenti ricevono dal proprio datore di lavoro il documento della busta paga. Il documento esplicita – o, in termini giuridici, “certifica” – la retribuzione spettante al dipendente sia al lordo sia al netto delle ritenute fiscali, previdenziali ed assistenziali trattenute.
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Queste ritenute devono essere versate dal datore di lavoro ai rispettivi enti che le gestiscono, pubblici e privati, al fine di garantire ai dipendenti di ottenere lo spettante trattenuto ed accumulato a tempo debito, ad esempio il TFR ed il trattamento pensionistico una volta sopraggiunto il termine del rapporto di lavoro tra le parti. La consegna del documento della busta paga, inoltre, è prevista come obbligatoria nel sistema normativo italiano, in base alla Legge numero 4 promulgata nel 1953.
Occorre ammettere che – un po’ forse per abitudine, un po’ per fiducia nei confronti del proprio datore di lavoro – spesso lavoratrici e lavoratori non controllano il documento se non alla voce della retribuzione netta mensile. Il che può risultare controproducente: anche la produzione della busta paga non è esente da errori e dunque una regolare e costante attività di verifica anche da parte dei dipendenti può contribuire a scongiurare l’emersione di problematiche quali, ad esempio, l’omissione, il versamento per difetto o anche per eccesso di alcune voci retributive.
Tre voci fondamentali certificate nella busta paga
Tra i dati più importanti dichiarati attraverso la busta paga, alcuni si riferiscono al rapporto tra il dipendente ed il datore di lavoro; altri al rapporto diretto tra il lavoratore ed il Fisco; ed altri ancora al rapporto diretto tra il professionista e gli enti di previdenza. Il datore di lavoro, in prima persona solitamente nei casi di imprese di piccole e piccolissime dimensioni o per il tramite di un contabile responsabile nei casi di imprese medio-grandi, si premura di calcolare l’esatto importo dovuto per ciascuna di queste tre voci, in modo da non incorrere in sanzioni di tipo amministrativo, civile o penale.
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Tuttavia, come dicevamo, le operazioni di calcolo non possono essere considerate in assoluto scevre dalla possibilità di essere effettuate erroneamente. Dunque come può il dipendente verificare che tutti i risultati di calcolo siano corretti? Ebbene, innanzitutto tenendo a mente che la retribuzione si compone di tre parti: la prima definita “diretta”, la seconda “diretta” e la terza “differita”.
La retribuzione diretta riguarda gli elementi principali relativi alla paga di base, all’anzianità ed ai premi aziendali, se previsti, ed è stabilita dal Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro; l’indiretta, invece, riguarda istituti contrattuali come i permessi, le ferie, le festività, la tredicesima e – anche in questo caso se prevista – la quattordicesima mensilità; infine, la differita riguarda le voci e somme che verranno in momenti diversità dalla cadenza mensile, come il TRF e la pensione.
Controllando mensilmente il documento, il dipendente può abituarsi a riconoscere i dati facilmente nonché a rilevare eventuali cambiamenti non preannunciati dal datore di lavoro: in casi simili, possono essere legittimi, così come possono anche rivelarsi errori e sviste sopraggiunte nelle fasi di calcolo. Dunque, una volta eventualmente individuati, è possibile farne rapporto al datore di lavoro, chiedere delucidazioni in merito e, in caso di effettivo errore, richiederne la correzione.