Cassazione: rifiuto dell’alcoltest integra reato anche senza avviso della presenza del difensore
Con la sentenza n. 47324 del 4 dicembre 2024, la IV Sezione penale della Corte suprema di cassazione ha ribadito un principio fondamentale in tema di accertamento del tasso alcolemico alla guida, confermando la condanna di una giovane neopatentata che si era rifiutata di sottoporsi al test alcolemico. La decisione ha fatto chiarezza su un aspetto delicato: il mancato avviso al conducente del diritto di farsi assistere da un legale non esclude la sussistenza del reato qualora si rifiuti l’esame.
L’ordinamento italiano, con le recenti modifiche alla normativa sulla sicurezza stradale, ha inasprito le sanzioni per chi guida con un tasso alcolemico superiore ai limiti consentiti o in presenza di sostanze stupefacenti, indipendentemente dallo stato di alterazione effettivo dell’automobilista al momento del controllo. Prima di queste modifiche, per ottenere una condanna era necessario dimostrare la reale alterazione delle capacità di guida.
Il codice di procedura penale, all’articolo 114 delle disposizioni di attuazione, stabilisce che prima di procedere all’accertamento tecnico del tasso alcolemico, gli organi di polizia devono informare il conducente della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia. Tale norma mira a tutelare i diritti della persona sottoposta a indagini, soprattutto in relazione a un atto urgente e non ripetibile come l’alcoltest.
La giurisprudenza consolidata, con precedenti importanti come la sentenza Cass. n. 5396/2015, ha sottolineato che l’omissione di questo avviso può determinare la nullità del procedimento e l’inefficacia delle sanzioni conseguenti, qualora il conducente accetti di sottoporsi all’esame.
Nel caso esaminato dalla Corte di cassazione, una ragazza neopatentata era rimasta coinvolta in un tamponamento stradale. Dopo essere stata soccorsa e portata in ospedale, la polizia municipale aveva richiesto gli esami per accertare il suo tasso alcolemico e i livelli tossicologici. La giovane si era però rifiutata di sottoporsi ai test e aveva chiesto di essere dimessa.
Il Tribunale di primo grado aveva assolto l’imputata, ritenendo che il reato non fosse perfezionato considerando che non le era stato comunicato il diritto di farsi assistere da un difensore e che la richiesta di accertamento non era stata rivolta direttamente dalla polizia, la quale si era limitata a esaminare i documenti medici prodotti dal personale sanitario.
Il Pubblico Ministero aveva quindi presentato ricorso in Cassazione, contestando la decisione e sostenendo che il reato di rifiuto del test alcolemico si integra a prescindere dall’avvertimento previsto dall’art. 114 disp. att. c.p.p.
La Corte di cassazione, accogliendo le argomentazioni del Pubblico Ministero, ha chiarito che non sussiste l’obbligo di avvisare il conducente della possibilità di farsi assistere da un avvocato nel caso in cui questi rifiuti di sottoporsi al test alcolemico. L’avvertimento previsto dall’articolo 114 disp. att. c.p.p. ha lo scopo di garantire la presenza del difensore durante l’esame, che è un atto urgente e non ripetibile, e di assicurare il rispetto dei diritti dell’indagato.
Tuttavia, se il conducente rifiuta l’accertamento, il reato previsto dall’art. 186, comma 7, del D.Lgs. n. 285/1992 si considera già integrato in quel momento, e quindi l’assenza di tale avviso non può pregiudicare la validità del procedimento né escludere la condanna.
Questa pronuncia conferma l’interpretazione maggioritaria della giurisprudenza di legittimità, rafforzando la posizione delle forze dell’ordine e dell’autorità giudiziaria nel contrasto alla guida in stato di ebbrezza, senza però ledere le garanzie difensive previste dalla legge nelle fasi in cui l’alcoltest viene effettivamente eseguito.
Il caso ha visto il coinvolgimento diretto del Pubblico Ministero, figura chiave nell’azione penale, che ha impugnato la sentenza assolutoria per violazione di legge. Come rappresentante della pubblica accusa, il PM ha il compito di garantire l’effettiva applicazione delle norme e la tutela della sicurezza pubblica, promuovendo l’azione penale in presenza di reati come la guida in stato di ebbrezza.
Nei sistemi di civil law come quello italiano, il Pubblico Ministero è un magistrato che dirige le indagini e sostiene l’accusa in giudizio, esercitando un ruolo attivo e vincolante nel procedimento. Il suo intervento è essenziale per l’accertamento della verità e la corretta applicazione della legge.
Con la sentenza n. 47324/2024, la Corte suprema di cassazione si è dunque pronunciata in modo chiaro sulla materia dell’alcoltest, confermando che il rifiuto di sottoporsi all’accertamento è sanzionabile anche in assenza dell’avviso del diritto di difesa, mentre il mancato avviso è rilevante solo se il test viene effettivamente eseguito. Questa interpretazione giurisprudenziale si inserisce nel più ampio contesto delle norme volte a garantire la sicurezza stradale e a prevenire i rischi derivanti dalla guida sotto l’effetto di alcol o droghe.