In pensione nel 2024 con il sistema contributivo: cosa significa e perchè è considerato penalizzante

In pensione con il sistema contributivo anche nel 2024. Molti, però, lo considerano penalizzante. Vediamo perché. 

Anche nel 2024 si andrà in pensione con il sistema contributivo. A conti fatti questo sistema di calcolo è piuttosto penalizzante per i lavoratori. Vediamo come funziona nei dettagli. Pensione contributiva anche nel 2024.

Pensione con il sistema contributivo
Il sistema contributivo secondo molti è penalizzante/ (Giustiziagiusta.info)

Anche quest’anno- e, probabilmente, per sempre- i nostri assegni previdenziali verranno calcolati con il sistema contributivo. In alcuni casi si terrà conto anche delle quote retributive. Ma questo vale solo per coloro che hanno iniziato a versare i contributi prima del 1996 e che non vanno in pensione con Quota 103 oppure con Opzione donna.

Chi sceglie di fruire di queste due misure di pensione anticipata, infatti, avrà un assegno mensile interamente ricalcolato con il sistema contributivo a prescindere da quando ha iniziato a versare i contributi. Il sistema di calcolo contributivo è entrato in vigore nel 1996, in seguito alla riforma dell’ex ministro Dini e ha preso il posto del sistema di calcolo retributivo. A detta di molti il contributivo è un sistema penalizzante e, in alcuni casi, discriminatorio.

Sistema contributivo: ecco chi viene penalizzato

Anche nel 2024 le nostre pensioni sono calcolate con il sistema contributivo entrato in vigore nel 1996. Molti considerano questo sistema penalizzante per i lavoratori, in particolare per alcuni. Vediamo perché.

Come funziona il sistema contributivo
Ecco come si calcola la pensione con il sistema contributivo (Giustiziagiusta.info)

Partiamo con il puntualizzare che la pensione è una prestazione economica mensile finanziata – in parte o in toto- dai contributi del lavoratore. I lavoratori – sia i dipendenti sia gli autonomi- ogni mese devono versare una percentuale di contributi alla cassa previdenziale a cui sono iscritti: Inps, Inpg, etc… Al dipendente la quota di contributi viene trattenuta direttamente mentre il lavoratore autonomo deve lui stesso provvedere al pagamento dei contributi.

Detto ciò, fino al 1995, l’importo della pensione veniva calcolato con il sistema retributivo che teneva conto delle retribuzioni degli ultimi anni dei lavoratori. Questo sistema, essendo troppo dispendioso per le casse dello Stato, nel 1996 è stato sostituito dal sistema di calcolo contributivo. Quest’ultimo non tiene conto dello stipendio che una persona percepisce ma tiene conto solo di due fattori: i contributi versati e l’età a cui un lavoratore va in pensione.

Il sistema contributivo funziona così: l’insieme dei contributi versati durante la carriera viene moltiplicato per un coefficiente di trasformazione, un numero che aumenta con l’aumentare dell’età a cui una persona va in pensione. Di conseguenza chi ha pochi contributi perché guadagna poco o perché ha iniziato a lavorare tardi, sarà penalizzato e avrà una pensione molto più bassa.

Non solo. Il sistema contributivo è penalizzante anche sotto un altro aspetto. Ad oggi in Italia per andare in pensione è necessario avere almeno 67 anni di età e almeno 20 anni di contributi ma, oltre a ciò, bisogna aver maturato un assegno previdenziale pari almeno all’importo dell’Assegno sociale che, nel 2024, corrisponde a 534,00 euro al mese. Chi, a causa di uno stipendio troppo basso non arriva a maturare tale importo, non potrà andare in pensione. Al contrario chi guadagna molto e, grazie a contributi alti, matura una pensione alta, può accedere alla pensione a soli 64 anni.

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