Lavoratore a nero, non solo maxi sanzioni al datore di lavoro: cosa si rischia veramente

Far lavorare una persona in nero è una grave reato che comporta problemi per il datore di lavoro. Cosa rischia e quali sono le conseguenze.

Nel mondo del lavoro capita di trovare lavoratori e lavoratrici in nero. Questo è quanto emerge dai vari accertamenti disposti dalla Guardia di Finanza. La violazione comporta sanzioni amministrative e anche di natura penale.

Lavoratore in nero
Lavoratore in nero e problemi per i dipendenti. Rischio altissimo per i datori di lavoro (Giustiziagiusta.info)

Spesso e volentieri questo tipo di accertamenti spetta all’Ispettorato del lavoro e dell’Istituto nazionale per la previdenza sociale (Inps), ma può accadere che anche le Fiamme Gialle accertino eventuale manodopera irregolare.

Cosa rischiano datore di lavoro e dipendente

In caso di simili episodi, infatti, la contestazione parte per datore di lavoro e anche per il dipendente. Quest’ultimo, infatti, può essere accusato di omessa dichiarazione dei redditi percepiti. Per entrambi ci sono dei rischi, alcuni dei quali di natura economica molto importanti.

Denaro euro
Lavoro in nero, rischiano dipendente e datore (Giustiziagiusta.info)

Partendo dal datore di lavoro, infatti, il rischio è di una sanzione amministrativa pecuniaria che può variare a seconda della durata del rapporto di lavoro. Si va da 1.950 a oltre 11.500 euro per ogni lavoratore/lavoratrice irregolare impiegato senza comunicazione di assunzione (30 gg di effettivo lavoro), da 31 a 60 giorni la multa va da 3.900 a 23.400 euro. Oltre i 60 giorni, invece, si parte da 7.800 per arrivare a 46.800 euro.

Per il/la dipendente che lavora in nero, invece, la situazione è differente. In presenza di un lavoratore o lavoratrice irregolare, infatti, può essere disposto un accertamento fiscale per redditi percepiti e non dichiarati all’Agenzia delle Entrate. Non si può escludere un procedimento di natura penale: il rischio è di commettere il reato di indebita percezione di contributi statali o falso in atto pubblico (sussidi per disoccupati, assegno di disoccupazione Naspi o di altro genere, ma sempre collegate all’Isee).

Altri problemi in arrivo

La presenza di un dipendente irregolare potrebbe causare al datore di lavoro un eventuale occultamento dei profitti. Una conseguente evasione fiscale può infatti variare anche a seconda dell’entità delle somme sottratte. Si parla di dichiarazione infedele quando l’importo evaso supero 100mila euro, i redditi non dichiarati superano il 10% di quelli dichiarati o superano i 2 milioni. Ma c’è anche il reato di dichiarazione fraudolenta.

La situazione non è finita perché il datore che non versa i contributi previdenziali rischia un’altra accusa e cioè quella di omesso versamento delle ritenute (importo oltre i 10mila euro all’anno). In questo caso non è da escludere una diffida dell’Ispettorato con cui chiederà di regolarizzare il dipendente per il periodo precedente, con tanto di versamento delle differenze di contributi e retribuzione.

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