
Novità normative e aggiornamenti 2025 sulla Legge 104 (www.giustiziagiusta.info)
La Legge 104 continua a rappresentare un pilastro fondamentale per la tutela dei lavoratori impegnati nell’assistenza di familiari disabili.
Recenti pronunce della Corte di Cassazione hanno infatti fornito nuovi chiarimenti sull’utilizzo dei permessi mensili retribuiti previsti dall’articolo 33, comma 3, aprendo alla possibilità di impiegare una parte di tali permessi per brevi pause o attività personali strettamente collegate al benessere del caregiver.
Secondo quanto previsto dalla Legge 104/1992, i lavoratori che assistono un familiare con disabilità grave hanno diritto a tre giorni di permesso retribuito al mese, frazionabili anche in ore. Questi permessi sono destinati esclusivamente a garantire la cura e l’assistenza del soggetto disabile. Tuttavia, la giurisprudenza ha recentemente precisato che non è necessaria una presenza fisica continua e ininterrotta per tutto il periodo di permesso, purché sussista un nesso funzionale tra le attività svolte dal caregiver e le esigenze assistenziali del familiare.
Con l’ordinanza n. 15029 del 4 giugno 2025, la Corte di Cassazione ha ribadito la legittimità del licenziamento per giusta causa in caso di utilizzo improprio dei permessi, ad esempio per attività ricreative o svaghi privi di qualsiasi collegamento con l’assistenza. La Suprema Corte ha sottolineato che tali permessi non possono essere usati come momenti di riposo gratuito e che l’abuso costituisce una violazione dei principi di correttezza e buona fede, configurando un’indebita appropriazione dell’indennità retribuita.
Al contrario, con l’ordinanza n. 14763 del 1° giugno 2025, è stato sancito che brevi interruzioni per attività personali, come una camminata a scopo terapeutico, non rappresentano un uso improprio del permesso. Questa decisione riconosce l’importanza del benessere psicofisico del caregiver, condizione imprescindibile per garantire un’assistenza efficace e continuativa al familiare con disabilità.
La pausa terapeutica: equilibrio tra assistenza e benessere del caregiver
Nel caso esaminato dalla Corte, la lavoratrice ingiustamente licenziata ha dimostrato che la camminata veloce praticata durante il permesso aveva finalità terapeutiche, essendo stata prescritta da un medico. L’attività non ha superato la durata di un’ora e, durante l’assenza dal domicilio del familiare, la caregiver ha mantenuto un costante contatto con una collaboratrice domestica incaricata di proseguire l’assistenza.
Questi elementi hanno permesso di dimostrare che l’attività di supporto al disabile non è stata interrotta, malgrado l’assenza fisica temporanea. In tal modo si è sancito un principio di flessibilità nell’uso dei permessi, purché la pausa non si traduca in un momento di svago o in attività estranee alla funzione assistenziale.
La giurisprudenza evidenzia che il confine tra uso legittimo e abuso non è da ricercare nella durata del permesso, ma nella sua funzione: è essenziale che le attività svolte durante il permesso abbiano un nesso diretto o indiretto con i bisogni assistenziali del familiare. Anche un breve allontanamento per esigenze fisiche o psicologiche del caregiver è ritenuto legittimo, in quanto la qualità dell’assistenza dipende anche dal benessere di chi la presta.

Dalle sentenze sopra citate emergono alcune linee guida fondamentali per evitare contestazioni e abusi:
- Finalità assistenziale: Il tempo di permesso deve essere utilizzato per attività che abbiano un collegamento concreto con la cura o il sostegno del familiare disabile, senza necessariamente richiedere una presenza fisica continuativa.
- Proporzionalità: Eventuali momenti di allontanamento devono essere limitati e giustificati da esigenze collegate all’assistenza o al benessere psicofisico del caregiver.
- Nesso causale: Ogni attività svolta durante il permesso deve essere funzionale, direttamente o indirettamente, alla soddisfazione dei bisogni del familiare con disabilità.
L’interpretazione della Corte di Cassazione delinea quindi un quadro più flessibile e umano, che riconosce l’importanza di preservare la salute mentale e fisica del caregiver, senza tuttavia derogare al principio che il permesso sia strettamente legato alle esigenze assistenziali.
La possibilità di utilizzare una parte dei permessi 104 per brevi pause terapeutiche o attività personali funzionali rappresenta un importante riconoscimento della complessità del ruolo del caregiver e delle difficoltà che comporta assistere una persona con disabilità grave.