Il dipendente stressato deve essere risarcito: i casi nei quali sussistono gli estremi per ricevere il giusto compenso

Il diritto del dipendente stressato: quando richiedere il giusto risarcimento. Scopriamo insieme tutti i dettagli!

Lavorare in un ambiente stressante può avere conseguenze significative sulla salute e sul benessere di un dipendente. Tuttavia, ci sono situazioni in cui il dipendente ha il diritto di essere risarcito per il danno subito. Scopriamo quali sono i casi in cui sussistono gli estremi per ricevere il giusto compenso.

Diritti dei lavoratori sottoposti a stress
Il dipendente stressato ha diritto a un ambiente di lavoro sereno e sicuro (www.Giustiziagiusta.info)

Ma procediamo un passo alla volta. Per scoprire tutti i dettagli in merito a questa tematica, prosegui nella lettura di questo articolo!

Dipendente stressato a lavoro, il datore è tenuto a risarcire il danno: ecco la nuova ordinanza di Cassazione

In una recente ordinanza emessa il 16 febbraio 2024 con il numero 4279, la Corte di Cassazione ha stabilito un principio chiaro: il datore di lavoro è responsabile del benessere psicologico dei dipendenti e deve risarcire il danno causato da un ambiente lavorativo stressante, anche senza una persecuzione diretta.

Cosa bisogna sapere se a lavoro vivi una condizione di stress
La tutela della salute mentale dei dipendenti è un dovere imprescindibile per ogni datore di lavoro (www.Giustiziagiusta.info)

La tutela della salute mentale e della personalità dei lavoratori rappresenta un obbligo per il datore di lavoro, finalizzato a creare un ambiente di lavoro sereno e favorevole allo sviluppo professionale. In questo contesto, la Corte di Cassazione ha dichiarato illegittimo il comportamento del datore di lavoro che consente, anche colposamente, la permanenza di un ambiente lavorativo stressante, dannoso per la salute dei dipendenti, violando così l’art. 2087 del codice civile.

La normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro, come precisato dal Decreto Legislativo 81/2008, impone all’imprenditore di adottare tutte le misure necessarie non solo per proteggere l’integrità fisica dei lavoratori, ma anche la loro salute mentale e il loro benessere sociale. L’articolo 28 del decreto, inoltre, prevede la valutazione dei rischi lavorativi, inclusi quelli legati allo stress lavoro-correlato. La condotta persecutoria del datore di lavoro, definita mobbing, comprende una serie di atti diretti a perseguitare o emarginare il dipendente, ledendo la sua sfera professionale o personale.

Anche in assenza di una persecuzione sistematica, se il datore di lavoro non adotta le precauzioni necessarie per evitare un ambiente lavorativo dannoso, la sua condotta può essere considerata colposa, come confermato dalla recente ordinanza della Corte di Cassazione. In conclusione, l’ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce l’importanza della tutela della salute mentale dei dipendenti e sottolinea la responsabilità del datore di lavoro nel creare un ambiente lavorativo sicuro e privo di stress.

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