Il sistema pensionistico in Italia è in grande difficoltà e dall’ultimo messaggio INPS non arrivano buone notizie.
Le varie correzioni e le manovre di Governo non hanno cambiato di molto i requisiti per l’accesso alla pensione ordinaria e al prepensionamento. Ma alcuni piccoli dettagli hanno portato molti italiani a preoccuparsi non poco. In linea generale, oggi, si accede alla quiescenza con 20 anni di contributi pieni e l’età anagrafica di 67 anni. Questo a condizione che l’importo mensile maturato non risulti inferiore alla soglia minima.
L’ultimo chiarimento INPS ha gettato caos tra quei contribuenti che speravano di aver maturato i requisiti per andare in pensione da qui al 2026. Ma cosa è stato comunicato esattamente? Andiamo ad approfondire la questione.
Circolare INPS e pensioni, ecco cosa dice l’ultimo messaggio del 13 marzo
Come si legge dal Il Sole 24 Ore, l’Istituto di Previdenza, con una circolare (la 46 del 13 marzo) ha fornito una serie di spiegazioni su ciò che è stato modificato dalla manovra di bilancio 2024. Le indicazioni riguardano soprattutto la pensione di vecchiaia e la pensione anticipata per i lavoratori che hanno avuto il primo accredito contributivo a partire dal 1 gennaio 1996.
Con le specifiche dell’INPS si va a chiarire che a dal 1 gennaio 2024 “il requisito di importo soglia per l’accesso alla pensione di vecchiaia è pari all’importo dell’assegno sociale, il cui valore provvisorio per l’anno 2024 è pari a 534,41 euro“. Naturalmente, i requisiti per accedere alla pensione ordinaria sono il raggiungimento di 67 anni di età e 20 anni di contributi pieni. Coloro che perfezionano i requisiti entro il 31 dicembre 2023 invece andranno in pensione in base alla precedente disciplina.
Oltre a queste evidenze, emerge anche un’altra amara verità: le pensioni, con Quota 102-103, hanno visto un calo dell’assegno mensile dell’11%. Gli importi delle donne sono addirittura inferiori del 30% rispetto agli uomini. Dai dati INPS emerge anche che nel 2023, a seguito delle varie riforme pensionistiche, sono state erogate l’11% di pensioni in meno, e anche gli assegni anticipati sono calati del 16%.